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Spigno Saturnia (LT) - Lazio
 

Le origini di Spigno sono molto antiche; dopo il crollo dell'impero romano parte degli abitanti sopravvissuti alle frequenti invasioni barbariche, dalle località pianeggianti della Valle dell'Ausente, si rifugiarono verso nord, alle falde dei monti vicini, dove dettero vita ad un borgo chiamato "Casalis spinel, in virtù degli arbusti spinosi usati a protezione dei recinti di bestiame domestico.

 

Tuttavia il pericolo di incursori lungo il litorale tirrenico indusse gli abitanti del Casale a trasferirsi in località più elevata e meno facilmente accessibile dove, in epoca normanna (metà XI secolo circa) costruirono il "Castrum spinei", ossia la fortezza nota nel medioevo come Castello di Spigno, nome con il quale veniva indicato l'intero borgo medievale sviluppatosi lungo la porta esterna della prima cinta muraria. Ha fatto parte per secoli della Contea di Fondi e Tratto ma, con l'avvento della rivoluzione francese e l'abolizione della feudalità (1806) ha avuto una propria municipalità o comune.

 


Spigno ha acquisito la denominazione "Saturnia" con regio decreto del 22 gennaio 1863; il piccolo paese del Lazio meridionale, con poco meno di tremila abitanti, si estende su 38,68 Kmq ed è parte integrante dell'Ente Parco e della XVII Comunità dei Monti Aurunci. L'abitato si divide in due agglomerati: il primo Spigno Superiore o Vecchio, situato alle falde del Monte Petrella, conserva i ruderi dell'antico castrum e due chiese medievali, quella di Santa Croce, che ha perduto le caratteristiche originarie a seguito di due restauri, il primo nel Settecento e il secondo dopo l'ultimo evento bellico, e la chiesa di S. Lorenzo al Castello, attualmente del tutto diroccata. L'altro agglomerato denominato Spigno Nuovo, si è sviluppato nella valle dell'Ausente dopo l'ultimo conflitto mondiale, a seguito della distruzione dell'antico borgo. Accanto al palazzo comunale sorge la chiesa parrocchiale, dedicata a S. Giovanni Battista, edificata in ricordo della chiesa che sorgeva nell'antico paese, e della quale resta memoria solo nel nome della piazza principale.

 


Per secoli la vita sociale del paese, basata essenzialmente su un'economia agricolo-pastorale, traeva frutto dall'artigianato, sfruttando per lo più la lavorazione del legno ad uso domestico (ancora oggi una località del paese è detta, infatti, via Mannesi), la produzione del carbone, e la vendita della neve, il cui utile nel 1690, con quaranta ducati, costituiva l'entrata più cospicua dell'eraria, pari a più di un terzo di quello complessivo. La secolare, forte antropizzazione del territorio ci offre occasione di riscoprirlo, seguendone alcuni sentieri ormai in disuso. Tra questi assai significativi è il tratturo della Ciaia, ma non meno importante è quello della Scala Santa, della Fontana, e del Faito, che porta ai fossi della neve e di lì a Monte Petrella (1533 m.), a Fossa Joanna e alla Valle.

 


Il tratturo della Ciaia (utilizzato fino alla seconda guerra mondiale per recarsi al vecchio mulino per la molitura dei cereali) inizia alla Conca (Aoseglio), detto di recente Oasi del Casale, luogo dove ancora si notano i ruderi dell'antichissimo borgo. Dal Casale, seguendo i tornanti del suggestivo sentiero a gradoni di pietra, dopo poche centinaia di metri in ripida ascesa, si giunge alla chiesetta di Santa Maria della Misericordia, di cui restano soltanto pochi ruderi. Man mano che si sale verso il Castello il sentiero appare sempre più suggestivo, offrendo al visitatore l'incantevole panorama della Valle dell'Ausente, in epoca romana attraversata dalla ormai nota via Ercolanea che collegava la via Appia alla Latina. L’itinerario consente, inoltre, di notare, cammin facendo, la presenza di piante aromatiche quali la ruta, il timo, la salvia, alle quali la tradizione contadina attribuiva efficaci proprietà curative. Il Castello è ormai vicino e vi si accede dalla Portella del borgo medievale. I ruderi dell'antica fortezza sono ancora li abbarbicati sulla roccia; sono i resti della cinta muraria normanna, muniti ancora di alcuni bastioni laterali, e all'interno la cripta della chiesa di S. Lorenzo, con tracce di affreschi di pregevole fattura.

 


La sorgente Capodacqua, situata ai piedi del Monte Petrella (m1533) è conosciuta sin dall'epoca romana. L'imperatore Vespasiano nel 72 d.C. fece edificare un acquedotto lungo 11 km, che captava le acque della sorgente per fornire la città di Minturno. Dopo la caduta dell’impero romano, l'acquedotto andò in rovina, e, dell'imponente costruzione, per la quale furono impiegati più di 1000 schiavi, non restano che pochi avanzi. La sorgente ha alimentato per lunghi anni il mulino e la cartiera dei baroni di Fondi e Tratto. L'attuale acquedotto Capodacqua ha una portata di 2500 litri al secondo e alimenta tutta la fascia costiera con i comuni di Gaeta, Formia e Minturno, nonché la zona più prossima all'interno costituita dai paesi di Castelforte, Santi Cosma e Damiano e Spigno Saturnia.